Un fotoreportage PoP oltre i limiti dell'umano: il (mio) Sentiero Atestino visto con l'occhio di pesce

Un fotoreportage PoP oltre i limiti dell'umano: il (mio) Sentiero Atestino visto con l'occhio di pesce

Questo fotoracconto è scritto in terza persona per aumentare il pathos dell'impresa

Dopo un percorso che dura da tre anni, 14 chili in meno e due menischi saltati, un bel giorno il Fotografatore PoP decide che è giunto finalmente il momento di mettersi alla prova in un ardito e funambolico test sulle sue effettive condizioni di forma fisica.

Il nostro eroe ha deciso di puntare al bersaglio grosso, ovvero il Sentiero Atestino o sentiero numero 3 segnalato con il segnavia bianco-rosso del CAI. In solitaria, perchè qui è in gioco l'onore. Si tratta di un percorso ad anello di circa 20 chilometri con partenza e arrivo a Arquà Petrarca, settore meridionale dei Colli Euganei. Sentiero classificato per EE (Escursionisti Esperti) non tanto per le difficoltà tecniche, quanto per la lunghezza.

La partenza avviene all'alba di una freschissima e ventosa domenica di metà marzo: il percorso memorizzato, il classico abbigliamento a strati, lo zaino pronto, il cappello mimetico portafortuna  e il fisico temprato da lunghe ore di infaticabile allenamento. Ovviamente non manca la macchina fotografica con a corredo un unico obiettivo ultragrandangolare.

Nulla potrà fermarlo, tranne la spia di riserva che si accende dopo pochi minuti dalla partenza.

Superato coraggiosamente (ricordarsi cosa costa il gasolio) il primo intoppo della giornata, il viaggio di avvicinamento prosegue senza intoppi. Anzi no: l'unico passaggio a livello nel raggio di 20 chilometri si chiude appena vede arrivare il nostro. Poco male, lui ne approfitta per uno scatto di prova.

Lasciata l'auto ai piedi del borgo, la prima salita serve a raggiungere il centro storico e soprattutto a riscaldarsi: l'aria spazzata dal vento è tersa e il panorama vale il prezzo dell'alzataccia.

La domenica mattina presto Arquà è ancora sonnolenta e deserta.

Superato il ristorante Miravalle (teatro di qualche bel matrimonio che l'ha visto in azione) il Fotografatore PoP incontra sulla destra un capitello dedicato a Maria che segna l'inizio del sentiero.

Tolto il primo strato di abbigliamento, il nostro affronta il primo ostacolo di giornata, ovvero il Monte Piccolo. La salita è dolcissima, il sole gentile e il panorama dominato dagli uliveti.

Si aggira il colle a mezza costa su tutto il versante sud est. Punteggiano già i fiori colorati che si godono i primi tepori primaverili.

Poi all'improvviso, dopo un tratto in discesa, una curva a gomito introduce al versante nord del Monte Ventolone. Inizia la prima vera salita, Il sentiero si stringe e si entra nel bosco. La temperatua scende allo scomparire del sole ma la salita fa comunque sudare. Il paesaggio è tornato spoglio come in pieno inverno. Si può distinguere chiaramente, portato dal vento, il suono delle campane di Valsanzibio.

Il nostro, col suo passo regolare, è quasi al termine della lunga salita quando, improvvisamente, viene letteralmente sverniciato da due ragazze che stanno salendo di corsa. Rimane a osservarle incredulo per un istante e poi riparte più convinto che mai.

Davanti a lui, baciato dal sole, si staglia ora il Monte Orbieso, prossimo obiettivo. Non prima di aver percorso la lunga discesa che porta a Valsanzibio. L'inizio è pietroso, per così dire, e serve un po' di attenzione.

E, sempre con un po' di attenzione, si possono scovare rari tesori che spuntano tra i sassi.

Appena arrivato alla pianura, comincia un tratto di strada asfaltata dove il ritorno alla civiltà è confermato dai numrosi bikers che ogni tre per due rischiano di investirlo. Poche centinaia di metri e inizia la salita più lunga della giornata: superata la cosiddetta casa del parroco (in realtà un inutile rudere lasciato lì a decomporsi) comincia un'ascesa di circa due chilometri e mezzo che per larga parte percorre il letto di un torrente.

Questo sentiero è molto più trafficato e il Fotografatore PoP scopre di avere un bel passo che lo porta a superare e staccare tutti i gitanti che incontra. Un arzillo signore che avrà trent'anni più di lui sta facendo stretching ai piedi di una grande croce.

Complice una fotografia ricordo, i due fraternizzano e l'intrepido podista, fasciato nel suo aderente completo tecnico fa i complimenti al Fotografatore PoP per il passo svelto in salita: "Si vede che lei è ben allenato, sono sicuro che potrebbe fare anche il Monte Bianco"...

Dopo un rapido saluto  riprende la salita fino alla vetta dell'Orbieso dove fanno bella mostra di sè le rovine di un monastero benedettino di origine medievale.

Il nostro ha appena estratto la macchina fotografica quando da dietro uno dei ruderi compare l'arzillo di poco fa che gli intima "mi raccomando, faccia delle belle foto che qui si respira la nostra storia". Per essere arrivato per primo deve aver pigliato di certo una scorciatoia, pensa. O, piuttosto, spera. I due si scambiano considerazioni storiche che vanno dal medioevo alla politica estera della Serenissima. Poi si salutano.

Ripreso il sentiero, una comoda discesa porta alla sella che congiunge al Monte Fasolo, meta per eccellenza di orde di turisti della domenica. La strada infatti, improvvisamente si rivela piena di auto parcheggiate: è l'inizio del famoso sentiero dei mandorli, noto per la bellissima fioritura di questo periodo.

Quella al Monte Fasolo è un'ascesa comodissima, piena di famigliole con bambini e passeggini, ma anche di coppie e di gruppi che indossano sgargianti completi da trekking.

Fra tutti questi, il Nostro vestito di verde militare, gli scarponi impolverati, lo zaino in spalla e il passo deciso deve avere un'aria molto professionale ed esperta perchè un sacco di gente lo ferma per chiedergli informazioni: tempi, distanze, nome dei monti, percorsi... Lui prodiga consigli e indicazioni a chiunque glielo chieda. C'è anche una coppia di bikers che gli chiedono indicazioni per il grande Faggio del Monte Fasolo: sostengono di essere stati tre giorni prima a una riunione del CAI ma il modo in cui interpretano i segnavia lo lascia perplesso. Augurata loro buona fortuna riprende il cammino: il sentiero dei mandorli è sempre un panorama mozzafiato.

La salita al Monte Rusta è preclusa per via di certi cantieri lungo il sentiero, così il nostro procede spedito verso il monte Gemola. Qui, sulla vetta, sorge la bellissima Villa Beatrice, con un panorama a 360 gradi sui colli Euganei meridionali. E' una salita che appaga la sete di bellezza.

Lo sguardo in direzione nord ripercorre il Monte Piccolo, il Ventolone, il Fasolo fino al Rusta: insomma, tutto il percorso fatto fino a quel momento.

Il nostro approfitta per concedersi un meritato bivacco dopo circa 14 chilometri di cammino. Il suo straordinario panino alla mortadella suscita le attenzioni di un espansivo cagnolone che quasi sradica le spalla della sua simpatica proprietaria. Dopo una meritata birrettina e dopo una appagante visita alla villa, il Fotografatore PoP riprende il cammino in discesa fino al borgo di San Biagio. Lungo la strada solo un ciclista in pendant coi fiori che punteggiano il fosso.

Qui, presso il bivio della celebre fontana del Pissarotto, incontra una bizzarra escursionista che come lui sta facendo l'anello in solitaria, ma nel senso opposto. Vedendola indecisa sulla via da prendere, si offre di indicarle la strada corretta, ma quella sostiene che "in fin dei conti la direzione opposta deve pur portare da qualche parte, no?". Laciata la tapina al suo destino, dopo un lungo tratto di pianura ecco finalmente l'ultima salita, quella che porta al famosissimo pianoro del Mottolone. E l'inizio della salita, complici i 17 chilometri già nella gambe, è davvero impressionante: un muro con una pendenza del 20%. Sono poche centinaia di metri, ma sufficienti per mettere alla frusta il prodigioso fisico del nostro eroe.

Via l'ultimo strato. il Fotografatore affronta la salita finale in maniche corte suscitando lo stupore dei gitanti e dei bambini che via via incontra salendo. Ogni tanto si ferma per prendere fiato ma in realtà lo spettacolo che offre il panorama in direzione sud è sempre sorprendente. Conquistato anche il Mottolone, il Fotografatore si volta un istante per un'ultima panoramica che include Fasolo, Rusta e Gemola: da qui si può rivedere tutta la seconda parte del percorso fatto.

Comincia l'ultima discesa che riporta al borgo di Arquà. Si sbuca proprio sulla casa del Petrarca e l'anello è completato.

Tanta la soddisfazione che gonfia il petto del nostro camminatore. Ma c'è un'ultima incombenza prima di scendere fino all'auto: non sarebbe da lui tornare a casa da Arquà Petrarca senza il celebre Brodo di Giuggole. Così, con due bottiglie del prezioso elisir nello zaino, il Fotografatore PoP esce di scena tra la gente che ora invade le stradine del borgo. Il GPS segnerà 25 km totali (incluse un paio di deviazioni) percorsi in 6 ore e mezza. E nonostante qualche inevitabile doloretto alle gionocchia, il test è da considerarsi brillantemente superato.

PS: naturalmente, sulla strada di casa, il passaggio a livello si è richiuso al suo arrivo...