Il Fotografatore PoP, la paternità e l'anestesista: meglio la medicina o la fotografia?

06.02.2018 23:30

Un padre non dovrebbe mai accompagnare suo figlio a fare una visita. Per il bene di entrambi.

Ma se sua moglie ha idee diverse, non c'è partita.

E se tua moglie decide che devi portare tu il piccolo alla visita anestesiologica in vista di quel piccolo intervento programmato, non ci sono scuse che tengano.

Ci provi con la prima tattica che ti viene in mente: "io lavoro di solito, lo sai?"

"Anch'io -risponde pronta- e ho già chiesto tre giorni di permesso per l'intervento"

Uno a zero per lei.

Provo a contrattaccare: "Ti ricordo che abbiamo una sola macchina e la pigli tu per andare a lavorare"

"Chiedi a qualcuno dei tuoi parenti"

Entrata a gamba tesa, ma l'arbitro convalida: due a zero.

Provo col catenaccio: "lo sai che io in tutta quella burocrazia mi ci perdo"

"Nessun problema, ti spiego tutto io! Compilo io tutti i moduli. Ti preparo io impegnative e documenti "

Tre a zero e tutti a casa.

 

Il lettore più sagace si starà certamente chiedendo dove stia il problema.

Procurarsi un'auto, arrivare alla clinica, trovare parcheggio, salire al piano e trovare l'ambulatorio corretto sono operazioni grosso modo alla mia portata. Soprattutto se una solerte funzionaria si dà la briga di prendermi per mano e guidarmi premurosamente. Il problema si pone quando il medico di turno comincia a farmi LE DOMANDE.

Perchè il medico di turno, così come il pediatra, vuole sapere tutto. E si aspetta sempre che il padre risponda prontamente e scientemente a tutto.

Ma non è così!

Per il padre, di prassi, è già tanto ricordare il nome e la data di nascita dei suoi figli. I più abili tra noi, talora, ricordano addirittura il luogo di nascita.

La natura ha disposto che certe cose siano un'esclusiva particolarità delle madri: il parto, l'allattamento e soprattutto la memoria della crescita e della vita sanitaria dei figli sono un vero e proprio carattere sessuale primario. Il padre non può saper fare queste cose. Per natura. Per il suo genoma. Perché Iddio ha voluto così. 

Allora passi che l'anestesista per mettere a suo agio il piccolo faccia delle battutine sulla mia barba; e passi che l'infermiera prenda il questionario informativo debitamente compilato da mia moglie e firmato da me, guardandomi come la mia prof di latino quando mi beccava a copiare una versione;  ma quando pretende di conoscere i dettagli ha inizio la tragedia.

 

Anestesista: "quanto pesa suo figlio?"

Fotografatore PoP: "...dunque... dovrebbe... se ben ricordo..."

A: "se lo ricorda o no?"

F: "fino alla settimana scorsa si, ora mi confondo..."

A: "infermiera, pesi il piccolo per cortesia"

Siamo partiti col piede sbagliato.

 

A: "a quando risalgono i precedenti esami del sangue?"

Panico.

F: "dovrebbe essere la prima volta..."

A: "come sarebbe a dire la prima volta? è impossibile!"

Lo dice con tale sicurezza che non posso che dargli ragione.

F: "uhm...allora si, ma... quand'era molto piccolo..."

A: "capisco"

Il disagio cresce.

 

A: "in questo momento il bambino sta bene?"

Guardo mio figlio per vedere se abbia gli occhi lucidi come faceva mia nonna con me.

F: "si, mi pare che stia bene"

A: "capisco"

Scrive

 

A: "quando il piccolo si ferisce, il sangue quanto ci mette a rapprendersi?"

F: "ehm..."

A: "intendo dire, quando si taglia un dito quanto ci mette il sangue a coagulare? tanto? poco?"

Provo a ricordare l'ultima volta che ha sanguinato ma mi torna in mente solo Perdere l'amore di Massimo Ranieri.

A: "quindi?"

F: "mi pare che coaguli subito?"

A: "subito?"

F: "si, insomma... il giusto direi"

A: "capisco"

E scribacchia

 

A: "il bambino fa sport?"

F: "certo, fa atletica!" questa lo so, penso trionfante

A: "che tipo di atletica?

F: "eh? non ho capito la domanda"

A: "corre? salta?"

F: "si, esatto!"

A: "capisco"

Ri-scribacchia

 

A: "ha avuto malattie infettive?"

Colpo mortale.

F: "ehm..."

A: "morbillo... varicella... ste cose qui"

Se potesse mi farebbe un disegno.

Eppure alla parola varicella un campanello ha suonato in uno degli spaziosi saloni del mio cervello. Faccio uno sforzo e si accende anche una piccola lampadina. A basso consumo.

Ma certo! qualche sera fa me ne deve aver parlato mia moglie mentre giocavo a Candy Crush. Aspetta, com'era? Ah si giusto!

F: "nessuna malattia! E' vaccinato!"

Punto per me, finalmente.

L'anestesista si volta un po' stupito.
A: "è vaccinato? ne è proprio sicuro?"

F: "ehm...si, credo di si..."

A: "capisco"

Maledetto, una certezza credevo di avere e mi ha demolito pure quella.

 

A: "senta, intanto che io termino di compilare i miei moduli, lei firmi il consenso informato che ora le darà l'infermiera"

L'infermiera mi presenta un modulo pre stampato dicendo "è come quello che vi abbiamo dato alla prima visita, ma questa copia rimane a noi. Si ricorda di averlo letto?"

"ehm... si, credo di si... Dov'è che devo firmare? qui?" Sviare l'attenzione, sempre!

Indico la riga col ditino e lei quasi non crede ai suoi occhi: "si, bravissimo!"

Provo a firmare ma la penna non scrive. E' un segno dal cielo, evidentemente.

Lei se ne accorge, ne prende un'altra e me la passa. Ma improvvisamente le balena un lampo negli occhi! Mette una mano sul foglio, mi blocca, mi guarda e fa: "mi mostra la sua tessera sanitaria? sa, essendo un minore mi serve anche il documento del padre"

Boh, la richiesta mi pare strana. La tessera è miracolosamente nel portafoglio. Gliela porgo. Lei la studia.

Poi mi guarda dritta negli occhi. Sguardo indagatore. "lei è il padre, giusto?"

 

Dice: qual è il nesso di questa triste storia con la fotografia?

Non saprei, ho provato a pensare al disagio che taluni provano davanti alla macchina fotografica. Ma niente di paragonabile.

Ho provato a pensare che quando fotografo qualcuno cerco di fargli delle domande per metterlo a suo agio. Ma niente di paragonabile.

Sarà che il medico è una figura indispensabile e il fotografatore no?

Non lo so, davvero non lo so. 

Però so che ora mia moglie mi deve una sessione di ritratti!

Come minimo.