Il (mio) bianco e nero

21.08.2017 15:20

 

Ho sempre mal sopportato il bianco e nero, vai a capire perchè.

Ricordo che da ragazzetto, quando già la fotografia esercitava su di me un certo fascino (la reflex di mio padre sembrava  un'entità superiore, uno strumento magico) volendo provare a premere quel fatidico pulsantino, inevitabilmente bisognava montare un rullino da 12 (dodici) pose in bianco e nero, quello cioè che costava meno di tutti. Ed era giusto così.

E quando per merito di un magnifico insegnante di Educazione Tecnica, in seconda media, facemmo un piccolo corso di fotografia comprensivo di camera oscura e acidi, la stessa pellicola in bianco e nero era obbligatoria. Perchè lo sviluppo a colori sarebbe stato più complicato e, naturalmente, più costoso.

Il prof ci portò in campagna, era primavera. I pàmpini di un verde brillante accendevano le vigne, i primi fiorellini violetti facevano capolino nei prati incolti e c'era un cielo azzurro come solo in quella stagione.

Scattai, con gli altri, le mie fotine e tornammo a scuola per svilupparle. Luce rossa, puzzo di acido, l'attesa emozionata.

Ma quando vidi quelle vigne, quei prati e quel cielo tutti grigi, la delusione fu grandissima: non era quel che avevo visto!

Io avevo visto i colori e non ritrovarli fu come aver reso inutile l'uscita: a che serviva aver imparato a settare il diaframma o il tempo di esposizione se la fotografia non corrispondeva a ciò che la mia memoria aveva registrato?

Sarà stato questo, sarà stata un'ignoranza generale delle cose del mondo, sarà stata l'ingenuità del ragazzino ma fin da allora il bianco e nero mi ha dato l'idea di una fotografia a metà, di un vorrei ma non posso, di una incompletezza, di un limite, di una bugia. Addirittura! Perchè il mondo è inequivocabilmente a colori!

 

Uno degli enormi vantaggi della rivoluzione digitale è stata la camera chiara, ovvero la possibilità di sviluppare in proprio le fotografie e da un qualsiasi file di partenza la possibiltà di ottenere infinite (letteralmente) variazioni sul tema. E così c'è stato tutto un rifiorire e un pullulare di bianco e nero (nella migliore delle ipotesi) e di seppia (ahimè).

Nel frattempo io, imperterrito, seguitavo a percorrere la mia strada a colori, con qualche piccola digressione poco convinta a dire il vero.

Fu questa (mia) fotografia di matrimonio a farmi cambiare idea sul bianco e nero. E non da meno fu il confronto che ebbi (a proposito di un altro mio bianco e nero) con l'amico nonchè grandissimo Fotografo di matrimoni Giorgio Milone, che mi aprì lo sguardo sull'efficacia di una fotografia curata a dovere nei dettagli.

Vi risparmio tutta la solfa della genesi che già sarete annoiati, ma oggi la (mia) idea fondamentale è che certe fotografie non hanno bisogno del colore. O, per meglio dire, ci sono messaggi che non hanno bisogno del colore. Ebbene si, in un mondo a colori, ci sono contenuti che non solo non se ne fanno nulla del colore, ma che addirittura vengono disturbati dal colore. Questa, in sintesi, la mia straordinaria scoperta!

Felicità, stupore, paura, disorientamento, amore, odio, speranza, e tutte le altre sensazioni che vi vengono in mente: chiudete gli occhi e provate a immaginare una situazione che le rappresenti, un'associazione di idee. Non senza un filo di stupore ci si può rendere conto che è possibile figurarsele senza colori.

Da qui a infatuarmi del bianco e nero c'è voluto un attimo.

Il passo successivo è stato cercare uno stile che fosse personale senza la necessità di dover fare per forza qualcosa di mai visto. E naturalmente, dopo aver scoperto che i colori possono essere inutili sono diventati inutili anche i toni di grigio. Così ho cominciato a produrre fotografie letteralmente in bianco e nero, con quanti meno grigi possibile.

Tecnicamente è niente altro che un contrasto esasperato, applicato in maniera selettiva sui vari toni della fotografia (giusto per darmi un contegno e svelare che non mi limito a spostare un cursore... diamine ho anch'io la mia dignità!). Anche in questo caso nulla di nuovo sotto il sole: non potrò mai vantarmi di aver inventato io il bianco e nero a forte contrasto (sigh).

Eppure, c'è voluto un certo coraggio a proporre questo tipo di sviluppo, per esempio, alle coppie di sposi. Soprattutto oggi che va tanto di moda la fotografia dai toni soft, ovattati. Presentare fotografie dure, con tantissimo nero e tantissimo bianco, senza compromessi, con i dettagli spesso completamente cancellati dalle luci o dalle ombre, significa mettere a dura prova il gusto di persone per le quali la filosofia fotografica da due spicci è qualcosa di (giustamente) inutile. Ma la risposta è stata sempre positiva perchè, evidentemente, la forza del messaggio è tale da superare il totale annichilamento del colore e di tutte le sue sfumature. Tu guardi una fotografia e invece dei dettagli, BUM, ti colpisce una sensazione, un'emozione (odio questa parola per la sua insopportabile soggettività, ma pazienza) che esce con prepotenza. Allora, magicamente, quelle cha dovrebbero essere delle consuete foto ricordo, assumono una forza tale da fare di quel ricordo qualcosa di vivo e di contemporaneo attraverso lo scorrere del tempo (ma come mi vengono?).

Allo stesso modo, anche quella vecchia. grigia fotografia di una vigna in primavera potrebbe essere trasformata in qualcosa di molto forte contrastando a dovere i singoli colori. Peccato non averla più.

E, guarda caso, si torna sempre lì: al processo di sviluppo della fotografia. Che sia in camera oscura o chiara poco importa, snobbare questa fase della propria produzione è un errore dovuto a una certa dose di supponenza e ignoranza; un errore che priva della possibilità di essere "autore" fino in fondo.

Per concludere, dopo la dovuta filippica, chi mi conosce sa che sono tipo di poche parole (parlo della favella e non della scrittura, chiaro) e che mi piace andare al centro della questione perdendo meno tempo possibile. Ecco, potremmo dire che li mio bianco e nero è la trasposizione in fotografia di questo mio modo di essere.

E di seguito ecco qualche bianco e nero normale e in versione PoP. Riuscite a cogliere la differenza?